Fiere tartufi: un viaggio tra sapori unici e borghi suggestivi

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C’è un momento, in autunno, in cui la terra sembra trattenere il respiro. La nebbia mattutina si aggrappa alle colline e l’aria si fa più densa, carica di un profumo che è insieme promessa e mistero: quello del tartufo. Questo figlio segreto del bosco, che matura nel buio e nel silenzio, venerato fin dai tempi dei Romani per le sue presunte virtù, è il grande protagonista di riti antichi che si celebrano nelle piazze di alcune delle località e dei borghi più belli d’Italia. Il suo aroma cambia a seconda dell’albero con cui ha vissuto in simbiosi, che sia una quercia, un tiglio o un pioppo, creando sfumature sensoriali uniche. Prender parte a uno di questi eventi vuol dire intraprendere un viaggio che scuote tutti i sensi: l’olfatto, rapito da quell’aroma potente; la vista, persa nella bellezza di vicoli medievali; e il gusto, infine, che incontra la purezza di un sapore che non ha eguali. È un’immersione in un mondo di pazienza e di terra sotto le unghie e l’incontro con un’Italia dove la cultura di un prodotto si fonde con la vita della comunità, rinnovando ogni anno un patto antico con la propria terra.

Alba, la capitale indiscussa del tartufo bianco

Se esiste un palcoscenico d’eccellenza per il tartufo bianco, quello è Alba. Nel cuore delle Langhe, la città piemontese ospita ogni anno una fiera che è un punto di riferimento mondiale. Per quasi due mesi, Alba diventa il centro di un pellegrinaggio per chef, appassionati e sognatori, attratti dal richiamo del Tuber magnatum pico. Il fulcro dell’evento è il Mercato Mondiale, un luogo dove il silenzio è rotto solo da sussurri e intense contrattazioni. Qui, i “trifolao” espongono i frutti delle loro notti insonni, adagiati su panni rossi come gioielli. Prima di essere ammessi, ogni singolo tartufo passa sotto l’esame della commissione di giudici, esperti che ne valutano la compattezza, l’integrità e soprattutto il profilo olfattivo, scartando senza appello gli esemplari non perfetti. Ma la fiera è un’esperienza che pulsa ben oltre il mercato, culminando in eventi come l’Asta Mondiale, dove singoli esemplari raggiungono cifre astronomiche, destinati alle tavole più prestigiose del mondo. Si espande nei cortili dove si celebrano i grandi vini di Langa, nelle piazze animate da rievocazioni storiche e nelle cucine degli chef che trasformano questo diamante in pura emozione.

San Miniato e Acqualagna: i tesori del centro Italia

Il fascino del tartufo bianco non si esaurisce in Piemonte, ma percorre tutto lo stivale, trovando altre capitali nel cuore dell’Italia. A San Miniato, borgo toscano che veglia sulla campagna tra Firenze e Pisa, gli ultimi tre weekend di novembre sono sacri. La sua mostra mercato è una festa popolare nel senso più nobile del termine. Le piazze si trasformano in un mercato diffuso dove il profumo del tartufo si mescola a quello dell’olio nuovo e delle caldarroste, in un’atmosfera schietta e conviviale. Qui, la storia riecheggia in ogni pietra, e sembra quasi di poter immaginare i mercanti medievali contrattare per questo stesso tesoro. Poco più a est, nelle Marche, Acqualagna si vanta del titolo di capitale del tartufo per tutto l’anno, poiché la sua terra generosa offre diverse specie in quasi ogni stagione, dal bianchetto al nero estivo. Ma è durante la Fiera Nazionale, tra ottobre e novembre, che la cittadina si veste a festa. Qui il tartufo è il motore di un’intera economia, e la fiera ne è la celebrazione più sentita, un momento in cui la comunità si ritrova e si apre al mondo, mostrando con orgoglio il tesoro che la sua terra sa offrire.

Norcia e l’oro nero della Valnerina

Tartufi

Ma l’universo del tartufo non vive di solo bianco. Esiste un’altra anima, più scura, terrosa e intensa: quella del tartufo nero pregiato. La sua culla d’elezione è Norcia, nel cuore dell’Umbria. A fine inverno, quando il Tuber melanosporum raggiunge la sua piena maturazione, la città di San Benedetto gli dedica “Nero Norcia“. Questa non è solo la fiera del tartufo, ma il trionfo di un intero territorio. La robustezza del tartufo nero sembra riflettere il carattere forte e resiliente di questa terra e della sua gente. Nelle piazze, segnate dalla storia, il profumo del tartufo si unisce a quello dei celebri salumi, dei formaggi stagionati e dei legumi. È una manifestazione che ha il sapore della tenacia. Qui, le sinergie gastronomiche sono potenti: a differenza del bianco, che regna sovrano su piatti delicati, il nero pregiato è capace di dialogare con sapori decisi, creando un’armonia unica con le altre eccellenze nursine. Assaggiare qui un piatto di strangozzi al tartufo nero non è solo un piacere per il palato, ma un atto di partecipazione alla vita e all’orgoglio di questa comunità.

Oltre il mercato: l’esperienza culturale della fiera

Vivere una fiera del tartufo significa andare oltre l’acquisto. Significa avere l’occasione di guardare negli occhi i trifolao, uomini che parlano poco ma che conoscono il linguaggio del vento e della luna, custodi di mappe segrete tramandate solo a voce. Molti di loro si muovono nel buio, con la sola luce della luna, non solo per proteggere le loro preziose poste dalla curiosità altrui, ma anche perché una vecchia sapienza contadina vuole che nel silenzio e nell’umidità della notte il fiuto del cane diventi ancora più acuto e infallibile. Significa capire il rapporto quasi fraterno che li lega ai loro cani, spesso meticci dall’intelligenza vivissima, addestrati fin da cuccioli attraverso il gioco. Il cane, o tabui in dialetto piemontese, è il vero cercatore d’oro, senza il quale la magia non potrebbe avvenire. Molte fiere offrono la possibilità di assistere a dimostrazioni di “cava”, un momento emozionante in cui si svela il segreto custodito dalla terra. Ma soprattutto, queste fiere sono un grande rito di convivialità, il momento in cui i borghi si aprono e condividono le loro storie, in un’immersione autentica nella vita di comunità che, per pochi fine settimana, diventano il centro del mondo per chi ama i sapori veri.

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