Curiosità sulla Calabria: tra gastronomia e mitologia

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Adagiata sulla punta dello stivale, la Calabria è una terra di una bellezza primordiale e potente, una regione di contrasti abbaglianti dove le montagne si tuffano in un mare cristallino e i borghi custodiscono storie millenarie. Spesso percepita solo come una destinazione balneare, la Calabria è in realtà un forziere di tesori inaspettati, un luogo dove il mito non è relegato ai libri di storia ma attraversa il paesaggio, i nomi e le tradizioni. È una terra dove la gastronomia assume i contorni di un rito sacro e dove le vestigia di civiltà gloriose affiorano quasi per caso. Per il viaggiatore curioso, che desidera andare oltre la superficie delle spiagge assolate, questa regione offre un’esperienza di scoperta profonda e autentica. È qui, in questo lembo di terra proteso nel Mediterraneo, che si nascondono alcune delle più sorprendenti curiosità sulla Calabria, capaci di rivelare l’anima complessa e stratificata di un territorio che è, a tutti gli effetti, la culla del nome stesso d’Italia.

Alle origini del nome “Italia”

Una delle prime e più affascinanti rivelazioni che la Calabria offre è legata alla sua identità più profonda. È proprio qui, tra le valli e le coste dell’attuale provincia di Catanzaro, che nacque il nome “Italia”. Gli storici antichi, da Tucidide ad Aristotele, narrano di Italo, un leggendario re degli Enotri, un popolo che abitava queste terre intorno al XV secolo a.C.
La figura quasi mitologica di Re Italo, trasformò la sua gente da nomade a stanziale, governando con saggezza su una terra così fertile e ricca di bestiame che prese il nome di Vitalia, dalla parola “vitulus” (vitello). Con il tempo, la parola si trasformò in “Italia” e, gradualmente, il nome si estese verso nord fino a comprendere l’intera penisola.

Questo passato glorioso è indissolubilmente legato all’epoca della Magna Grecia. A partire dall’VIII secolo a.C., i coloni greci fondarono qui alcune delle più potenti e raffinate poleis del mondo antico. Città come Sybaris, famosa per il suo lusso sfrenato, Crotone, dove il filosofo e matematico Pitagora fondò la sua celebre scuola, e Locri Epizefiri, nota per il suo avanzato codice di leggi, fecero della Calabria uno dei centri nevralgici della cultura occidentale. Viaggiare oggi lungo la costa ionica significa muoversi tra le rovine di templi maestosi e antiche mura, percependo l’eco di una civiltà che ha plasmato per sempre il DNA di questa regione.

La regione tra due mari

La Calabria possiede una geografia unica: a est, lo Ionio, culla della Magna Grecia, si presenta con ampie spiagge dorate e un’atmosfera calma e solenne, mentre a ovest il Tirreno è più drammatico e selvaggio, con scogliere a picco, calette nascoste e tramonti infuocati. Proprio sulla costa tirrenica meridionale si estende un tratto di litorale dal nome evocativo: la Costa Viola. Questo nome non è casuale, ma deriva dalle incredibili sfumature violacee che le acque e le montagne dell’Aspromonte assumono in particolari condizioni di luce, specialmente al calar del sole, regalando uno spettacolo cromatico indimenticabile.

Ma è qui che la geografia si fonde inestricabilmente con il mito omerico: lo Stretto di Messina, quel braccio di mare che separa la Calabria dalla Sicilia, era il luogo temuto dai marinai antichi, la dimora dei mostri Scilla e Cariddi. Scilla, la ninfa trasformata in un mostro a sei teste che ghermiva i naviganti, aveva la sua tana proprio sulla sponda calabrese, all’ombra dell’imponente promontorio su cui oggi sorge il borgo di Scilla, con il suo castello a picco sul mare. Esplorare questo villaggio di pescatori, con il suo antico quartiere della Chianalea, significa rivivere una delle leggende più potenti della letteratura occidentale. A questa si aggiunge un altro fenomeno quasi magico: la Fata Morgana, un raro effetto di miraggio che, in giornate particolarmente limpide, fa apparire la costa siciliana così vicina e ingrandita da sembrare quasi toccabile, alimentando per secoli racconti e leggende.

Bergamotto e ‘nduja: specialità 100% locali

Le curiosità sulla Calabria si estendono a sapori e profumi unici al mondo, nati da un microclima eccezionale. Lungo una stretta fascia costiera di circa 100 chilometri nella provincia di Reggio Calabria, e in nessun altro luogo del pianeta, cresce l'”oro verde” della regione: il bergamotto. Questo agrume misterioso, dall’origine incerta e dal profumo inebriante, è un tesoro dal valore inestimabile. Il suo olio essenziale è la base e il fissativo di quasi tutte le grandi fragranze della profumeria mondiale, da Chanel N° 5 alle più moderne creazioni. Per decenni, il suo utilizzo è rimasto quasi esclusivamente confinato all’industria cosmetica e a quella del tè Earl Grey. Oggi, chef e pasticceri ne stanno riscoprendo l’incredibile versatilità, utilizzando il suo succo e la sua scorza per creare piatti gourmet, dolci e liquori dal sapore sofisticato e inconfondibile.

Se il bergamotto rappresenta l’eleganza, l’anima più focosa e passionale della gastronomia calabrese è incarnata dalla ‘nduja. Originaria di Spilinga, un piccolo comune nell’altopiano del Poro, la ‘nduja è molto più di un salume. È un insaccato morbido, quasi cremoso, dal colore rosso fiammante e dalla piccantezza intensa, ottenuta grazie a un’altissima percentuale di peperoncino calabrese mescolato alle parti grasse del maiale. Nata come prodotto della cucina povera contadina, al fine di non sprecare nulla del maiale, oggi è diventata un’eccellenza ricercata dai cuochi di tutto il mondo. La sua consistenza unica la rende perfetta da spalmare sul pane abbrustolito, ma è anche un ingrediente straordinario per insaporire sughi, pizze e piatti di ogni tipo, regalando una sferzata di sapore potente e indimenticabile.

Echi di un passato lontano: la lingua greca e i Bronzi di Riace

Bronzi di riace

Il legame della Calabria con il suo passato greco non è confinato ai siti archeologici, ma sopravvive in forme sorprendentemente vive: infatti, nel cuore aspro e montuoso dell’Aspromonte, in borghi isolati come Bova e Gallicianò, un piccolo numero di anziani parla ancora oggi il Griko, una lingua che è una diretta discendente del greco antico parlato dai coloni della Magna Grecia. Ascoltare i suoni di questo idioma è un’esperienza che equivale a un viaggio nel tempo, un contatto diretto e commovente con un mondo lontano duemilacinquecento anni, una delle più preziose e fragili testimonianze viventi della storia del Mediterraneo.

Questo legame indissolubile con l’antica Grecia ha avuto la sua manifestazione più spettacolare e universalmente nota nell’estate del 1972. Fu allora che un sub dilettante, durante un’immersione nelle acque di Riace Marina, si imbatté in due statue di bronzo a grandezza naturale: erano i Bronzi di Riace. Dopo un lungo e meticoloso restauro, queste due opere d’arte che rappresentano probabilmente due guerrieri o eroi, si sono rivelate come due dei massimi capolavori della scultura greca classica giunti fino a noi. La loro perfezione anatomica, la fierezza dello sguardo e il mistero che ancora avvolge la loro origine e la loro storia ne fanno i simboli più potenti dell’anima greca della Calabria. Oggi, ammirarli nel Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria è un’esperienza imperdibile, un incontro ravvicinato con la bellezza assoluta che il mare ha custodito per duemila anni prima di restituirla al mondo.

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